lunedì 11 luglio 2016

Perché si ricorre alla prostituzione: lo studio che smentisce ciò che pensavamo

El Confidencial, 07.07.20 traduzione di Grazia
Il dibattito sul lavoro sessuale è sempre più aperto e, per questo, studi come quello appena pubblicato ci aiutano a capire un po’ meglio la mentalità del cliente
Negli ultimi anni si è diffuso in Europa in generale e in Spagna in particolare il dibattito sulla prostituzione. Ogni volta c’è un maggior numero di opinioni differenti, in molti casi dovute alla partecipazione alla discussione delle stesse professionali che ricordano che non tutto il lavoro sessuale è necessariamente schiavizzato. In definitiva l’abolizionismo convive con altre visioni meno restrittive, anche all’interno del femminismo.
Per completare il complesso puzzle della prostituzione è di valido aiuto uno studio recentemente pubblicato sulla rivista ‘Sexualities[1]’ e realizzato da Susann Huschke, dell’Università di Witwatersrand del Sudafrica e da Dirk Schubotz, della Università Queen’s di Belfast, nel quale si decostruiscono gli stereotipi predominanti sugli uomini che pagano per il sesso, ovvero quelli che si utilizzano continuamente nel discorso pubblico sul lavoro sessuale.
In definitiva, come già avevano suggerito altri studi, i clienti non sono semplicemente “sfruttatori e abusatori sessuali”, ma ricorrono alla prostituzione per un’amplissima gamma di ragioni, che vanno dalla sperimentazione (è questo il caso di un travestito eterosessuale) fino all’incapacità di incontrare qualcun*, passando per quelli che, senza impegno, vogliono avere relazioni con donne o che non incontrano la soddisfazione sessuale con il/la loro partner. E lo fanno in un contesto che agli spagnoli (e agli italiani – ndt)suonerà familiare: quello di una società dove tradizionalmente il sesso è stato censurato dalla religione. Nel concreto, dalla Chiesa Cattolica, che in Irlanda, dove è stato condotto lo studio, continua ad avere una grande influenza.
Nei dibattiti sulla prostituzione il cliente è solitamente ritratto in maniera monolitica. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di un “misogino negligente o di un pervertito sessuale”. Tuttavia, segnalano gli autori, anche se è possibile che ci siano consumatori di questo tipo, la semplificazione non aiuta a intendere le radici del problema, soprattuto alla ora di prendere decisioni legali sulla criminalizzazione del lavoro delle prostitute o sulla persecuzione del cliente.
Secondo i dati ottenuti dopo che 446 clienti abituali hanno completato un’inchiesta online, arricchiti da interviste faccia a faccia con 10 di loro, così come dalle testimonianze di 19 sex workers, l’unica conclusione è che non esiste il “puttaniere” tipico. Sì perché la maggior parte dei clienti affermava di non ricorrere alla prostituzione di strada ma alle escort e ai bordelli (secondo l’informe ‘Radiografia della prostituzione in Spagna[2]’ è possibile che ci siano 1500 locali del genere nel nostro Paese), questi sono solitamente più o meno benestanti e hanno studiato.
Queste sono le principali ragioni per cui gli uomini ricorrono alla prostituzione:
  • Traggo piacere facendo l’amore con gente diversa (47%)
  • Mi ha permesso di manifestare la mia sessualità (40%)
  • Mi permette di provare cose che non avevo provato prima (41%)
  • Mi piace che non ci siano legami emozionati (38%)
  • Mi permette di fare cose che non farei con la mia partner (28%)
  • É l’unica maniera in cui posso fare l’amore (25%)
  • La segretezza mi eccita (21%)
  • Mi fa sentire maggiore fiducia rispetto al mio corpo e a me stesso (21%)
  • É buono per la mia autostima (19%)
  • Lo feci per curiosità (16%)
  • É rapido e facile: non ho tempo per altre relazioni sessuali (16%)
  • É l’unica maniera in cui posso ottenere soddisfazione sessuale (9%)
  • Non mi sento preparato per altre relazioni sessuali (8%)
  • Nulla del precedente (<1%)
Queste sono le cose che gli intervistati e le intervistate non apprezzano della prostituzione:
  • Mi sento come se dovessi nascondermi (41%)
  • Mi preoccupa che i miei amici e la mia famiglia se ne accorgano (39%)
  • Mi preoccupa il benessere della sex worker/prostituta (36%)
  • Mi sento come se dovessi mentire su quello che faccio (31%)
  • Mi preoccupano i rischi per la salute (25%)
  • Spendo troppo denaro (25%)
  • Mi manca la connessione emotiva (21%)
  • Non credo che sia denaro ben speso (12%)
  • Non mi piacciono i luoghi dove si conclude (10%)
  • Mi fa vergognare (10%)
  • Speravo che mi desse più del sesso (5%)
  • Danneggia la mia fiducia (3%)
Come si può notare, lasciando a margine l’errore associato a queste inchieste (nelle quali i partecipanti vengono sempre bene nella foto), le risposte suggeriscono che il cliente si preoccupa della sex worker più di quanto si pensava. Quando si domandò loro per quali ragioni smetterebbero di frequentare le escort, il 35% assicurò che lo avrebbe fatto nel caso avesse iniziato una relazione di coppia e il 27% se potesse avere relazioni sessuali senza doverle pagare, cosa che rafforza il carattere sostitutivo della relazione. Alcuni di loro, inoltre, sostennero che anche se non avevano mai visto maltrattare le ragazze, cesserebbero immediatamente di farlo se venissero a sapere che le loro partner sono forzate.
Il 97% dei partecipanti erano uomini, con solo un 2% di donne e un 1% di persone trans. La maggior parte (64%) aveva tra i 31 e i 50 anni, seguiti da chi ne aveva fra i 22 e i 30 (14%). Quattro su dieci erano single, e la maggioranza preferiva incontrarsi con diverse donne (58%), anche se un terzo riconosceva di preferire darsi appuntamento sempre con la stessa, cosa che, in genere, non era possibile.
Più in là dei dati, l’articolo risulta interessante perché raccoglie alcune testimonianze di questi uomini, che riassumono alla perfezione la grande quantità di ragioni per cui si ricorre a questi servizi. Uno dei casi più abituali, per esempio, è quello di Roger, un lavoratore autonomo di 50 anni, sposato e con tre figli. “Se avessi una vita sessuale attiva in casa, di sicuro non mi servirei delle escort, però mia moglie non vuole mai”, spiega. “Siamo felicemente sposati, ancora usciamo, ma per quanto riguarda il sesso…suppongo di essermi arreso”. É una delle spiegazioni più frequenti: davanti alla frustrazione sessuale, gli uomini preferiscono ricorrere a una professionista piuttosto che avere un’avventura, posto che è meno rischioso per il loro matrimonio. “Molti partecipanti consideravano questa una parte importante della loro vita e non erano preparati a lasciare la moglie e i figli”, segnala lo studio.
É ugualmente abituale far ricorso alla prostituzione come fa il trentenne Philip, che credeva nell’idea di “niente sesso prima del matrimonio” fino a che, ai 35, vide la luce. “Ero un bravo ragazzo cattolico”, spiega. “Ero in uno stato continuo di eccitamento, ma era la scelta che avevo preso per il modo in cui mi avevano cresciuto…Dunque, arrivai ad un momento dove la cosa era ‘Perché? É davvero un peccato?’”. In alcuni casi arriva anche a giocare un ruolo guaritore: è ciò che accade con Paul, un pensionato di Belfast che cadde in una grave depressione in seguito al divorzio da sua moglie. “Mi fa sentire meglio e aiuta con la mia depressione”, riconosce. “Chiedo qualcosa, lei chiede denaro, Entrambi siamo felici. Fine”.
In altri casi, forse minoritari, ma allo stesso modo rilevanti, la prostituzione arriva là dove le relazioni eterosessuali convenzionali non arrivano. Bob, per esempio, è un ‘cross dresser’ a cui piacciono le donne. “Ho le mie necessità, voglio sesso”, spiega. “Questa è l’unica maniera in cui posso farlo…Mi sento speciale, sollevato”. É anche il caso di Nick, un quarantenne single con gusti particolari: “Se conosci qualcuno, anche se lo conosci da un mese, ti domandi ‘Come tiro fuori il feticismo nella nostra relazione?’”, si domanda. “É ciò per cui, a mio avviso, servono le escort, che elencano i loro servizi, così se ci sono cose che vuoi provare, sono lì”. Qualcosa di comune in molti casi è vedere gli incontri con le prostitute come un aspetto separato dal resto della propria vita: “Le escort forniscono questa situazione a sé stante in cui posso sperimentare senza che mi giudichino”.
Un’altra caratteristica comune a molte di queste relazioni è che non sono esclusivamente sessuali. Nick, per esempio, afferma di rimanere a chiacchierare un bel po’ dopo l’atto. Roger aggiunge che “la metà del tempo voglio che mi sussurrino parole dolci e che mi abbraccino intimamente…”. Alcuni di questi clienti menzionano che le prostitute non sono affatto simili all’immagine data dai mezzi di comunicazione. “Non sono le eroinomani violente che soffrono delle malattie di cui si legge di solito, in genere sono persone simpatiche”, segnala Paul. “Scoprii che molte delle cose che mi avevano raccontato erano miti e spazzatura”.
Questa è, alla fine, la conclusione dei ricercatori. Che “il desiderio di trovare piacere sessuale non significa automaticamente che gli uomini che pagano per il sesso semplicemente ricerchino un corpo femminile ricettivo e femminile per lo sfogo sessuale”. Anche se quasi tutte le sex workers si sono trovate in situazioni sgradevoli, la maggior parte dei clienti sono capaci di rispettare i limiti che impongono. “Quando tutte le/i sex workers sono percepit* come vittime indifese del traffico o dell’industria del sesso, non c’è spazio per discutere delle differenti condizioni in cui si trovano, dei comportamenti appropriati e inappropriati dei clienti, delle forme in cui le professioniste possono fare il loro lavoro nella maniera più sicura, della promozione di pratiche di riduzione del danno e dei servizi di appoggio che permetterebbero a più sex workers di proteggersi dai clienti violenti e abusatori”, concludono.
Legalizzazione o criminalizzazione?
Questa ricerca si inserisce nella cornice delle ultime riforme prodotte in Europa sul tema della prostituzione. Nel giugno 2015, l’Irlanda del Nord stabilì pene per i clienti della prostituzione “seguendo la logica che se si criminalizza l’acquisto del sesso, la domanda si ridurrebbe significativamente e, a meno prostituzione consegue una diminuzione del traffico per sfruttamento sessuale”. Seguiva la scia di Islanda e Norvegia, che avevano fatto la loro parte rispettivamente nel 2008 e nel 2009, anche se tale posizione fu rifiutata in Scozia nel 2012 e in Irlanda nel 2014.
La ricerca mette in dubbio che sia una misura realmente utile. Secondo i risultati dell’inchiesta, solo il 7% dei clienti riconosceva che avrebbe smesso di pagare per avere sesso se diventasse illegale, mentre il 15% lo cercherebbe, per esempio, in un altro Paese. Solo il 4% pensava che avrebbe dissuaso le Sex Workers e il 57% mostrava preoccupazione rispetto al fatto che proibizione, criminalizzazione, non finissero per peggiorare ancora le condizioni lavorative delle professioniste.
“Concludiamo che i recenti dibattiti pubblici sulla commercializzazione del sesso in Irlanda e l’implementazione del cosiddetto modello svedese in Irlanda del Nord, costituiscono una ‘crociata morale’ contro il lavoro sessuale, che è percepito come una trasgressione della morale cristiana conservatrice” segnalano gli autori al finale dell’articolo. “Impiegando stereotipi negativi e ignorando l’evidenza esistente, i promotori della proibizione del lavoro sessuale hanno perso l’opportunità di consentire un dibattito aperto e più scevro di pregiudizi intorno ai desideri sessuali della gente e alle norme sociali che danno loro forma”.
Articolo originale:
 Representante del Colectivo Inglés de Prostitutas manifestándose en las calles del Soho londinense. (Reuters/Adam Winning) Leer más: Sexo: Por qué se recurre a la prostitución: el estudio que desmiente lo que pensábamos. Noticias de Alma, Corazón, Vida http://goo.gl/91YM7d